IL PAESAGGIO SONORO

Il termine Paesaggio Sonoro o Soundscape è stato utilizzato per la prima volta nel 1967 da Michael Southwort, professore di pianificazione ambientale, il quale impiega questo termine per riferirsi alle proprietà acustiche delle città che aiutano le persone nella percezione dello spazio e nella relazione con le attività cittadine. Da allora il termine viene utilizzato in diverse discipline, spaziando dalla composizione musicale all’acustica urbana, passando per l’ecologia. Come dimenticare i nomi di Murray Schafer, autore del celebre libro “Il Paesaggio Sonoro (1998) che nel 1977 formalizza il termine ‘soundscape’ come “le proprietà udibili di un paesaggio”; Bernie Krause, che nel 1987 lo identifica come “tutti i suoni presenti in un ambiente in un dato momento”; Barry Truax, che riprende il concetto con particolare riferimento alla composizione musicale ; o Bryan Pijanowski, che nel 2011 definisce il paesaggio sonoro come “l’unione di suoni biologici, geofisici e antropogenici che sono scaturiti da un paesaggio e che variano nello spazio e nel tempo, riflettendo così importanti processi ecosistemici e attività umane”.
Alla luce di quanto detto, all’interno di un paesaggio sonoro potremo identificare le Biofonie, cioè i suoni prodotti da tutti gli organismi in un dato ambiente e in un dato tempo; Geofonie, ossia tutti quei suoni generati da attività geofisiche ambientali come il vento, l’acqua o il movimento degli astri; infine con Antropofonie, quei suoni prodotti da attività condotte o provenienti dall’uomo.
Molte sono le discipline che fondano le loro radici, o parte di queste, nel paesaggio sonoro come l’ecologia, la psicologia, le scienze comportamentali e quelle umanistiche.


L’ecologia del paesaggio (Fig. 2a) si basa sul rapporto tra gli andamenti spaziali e i corrispondenti processi ecologici; mentre i biogeografi hanno studiato a lungo come la distribuzione delle specie e la diversità nei loro andamenti varia attraverso differenti gradienti, come quello altitudinale, latitudinale e biogeochimico.
L’acustica ambientale urbana (Fig. 2b) studia “l’aggregazione dei suoni che sono interconnessi con l’ambiente costruito”. Dato che le proprietà acustiche di un’area urbana influenzano la qualità dei residenti, la ricerca in ambito del soundscape urbano è spesso inclusa nella pianificazione urbana.
I focus della bioacustica (Fig. 2c) sono altamente interdisciplinari, integrando l’etologia, i meccanismi di emissione sonora, la comunicazione in relazione alle caratteristiche ambientali, la fisiologia e anatomia animale, per arrivare ad uno dei temi più caldi ossia l’effetto dei suoni antropici sulla specie. Infine l’ecologia acustica (Fig. 2d) porta con se un ricco vocabolario di termini utili nel designare il paesaggio sonoro. Ad esempio, Shafer suddivide in tre categorie le principali caratteristiche di un paesaggio sonoro: ‘toniche’, ‘segnali’ e ‘impronte sonore’ per descrivere, rispettivamente, i suoni di sottofondo caratteristici di un ambiente; i suoni in primo piano che svolgono una funzione di avvertimento acustico e i suoni comunitari che possiedono caratteristiche di unicità. La tonica di un paesaggio sonoro naturale può essere il vento o il mare, mentre in una città sarà probabilmente il traffico.


Le materie sin ora citate condividono tra loro molteplici parallelismi i quali si incontrano e scontrano all’interno di quella branca del soundscape conosciuta come ‘soundscape ecology’ o ‘ecologia del paesaggio sonoro’, termine definito da Truax nel 1978 come “lo studio degli effetti dell’ambiente acustico sulle risposte fisiche o comportamentali di coloro che lo abitano” .
Nella stessa maniera in cui differenti dinamiche e attività si trovano rispettivamente a generare e conoscere il paesaggio sonoro, quest’ultimo può essere a sua volta degradato e/o modificato da queste. E’ infatti vero che il paesaggio è un sistema perturbabile da fattori naturali e antropogenici. Le politiche e le necessità umane, così come le caratteristiche atmosferiche, gli andamenti climatici e l’entità delle relazioni tra le specie sono in grado di modificare le qualità di un determinato ambiente, al che ne consegue, certamente, un cambiamento di differenti aspetti, tra cui anche quelli acustici.
Ma quali sono gli strumenti e le tecniche di cui ci si avvale per rilevare e studiare le componenti e quindi i cambiamenti di un paesaggio sonoro? Senza ombra di dubbio la prima cosa da fare è quella di registrare il paesaggio sonoro di un sito con tecniche e strumenti che possono sostanzialmente variare a seconda delle situazioni; successivamente bisognerà analizzare questi file audio avvalendosi dell’uso di strumenti per l’analisi come, ad esempio, lo spettrogramma. Per chi di voi non ne avesse familiarità, lo spettrogramma altro non è che una rappresentazione grafica del suono –per essere più chiari, è l’immagine del suono- in funzione delle frequenze (asse y) e del tempo (asse x), là dove la scala colorimetrica ne denota l’intensità (Fig. 3).
All’interno di un paesaggio sonoro si possono esaminare differenti dinamiche; può esserne analizzata la complessità e la frequenza degli andamenti acustici come hanno fatto autori quali Krause, il padre della teoria delle nicchie spettrali, o Forrest, con l’ipotesi dell’adattamento acustico; può essere analizzato l’andamento temporale -quindi i cicli d’attività- della comunicazione animale, ovvero “i ritmi della natura”, i quali riflettono i periodi nei quali una determinata specie è più o meno “viva” all’interno dell’habitat (Fig. 4). Per quanto riguarda l’andamento spaziale, il discorso diviene più complesso in quanto biofonie, geofonie e antropofonie variano a livello spaziale in predizione ai gradienti di disturbo umani ed ecologici (Fig. 5).

Abbiamo imparato, in questa breve guida, che ogni suono proveniente da un luogo contribuisce a formarne la peculiarità acustica, e quindi ne diviene parte indispensabile del paesaggio sonoro. Determinati suoni, per quanto possano infastidirci o ammaliarci, veicolano informazioni che sono essenziali per la relazione che abbiamo con luoghi e circostanze; quanto timore ci trasmetterebbe un leone se invece di ruggire miagolasse?